Benedetto Di Pietro - Ô frosch (Al fresco)
Collana "Apollonia" - I libri dedicati alle minoranze linguistiche: lingua, storia e letteratura 14x20,5 - pp. 90 - Euro 9,50 ISBN 978-88-6587-8989 Clicca qui per acquistare questo libro In copertina, foto di Pippo Maggiore: “Cavallo sanfratellano saluta il sole al tramonto”. INTRODUZIONE Nel cercare un titolo per questo libro, mi è sembrato naturale intitolarlo “Ô frosch”, espressione con la quale si indica lo stare seduti all’ombra, ma in modo particolare indica il momento di quiete, dopo una giornata di lavoro, da condividere con gli amici. In conclusione, questa breve raccolta di testi sanfratellani, unitamente a tutti gli altri inclusi nella Collana “Apollonia”, e a quelli pubblicati non facendo parte di detta collana, vogliono essere memoria e sprone affinché si conservi la lingua, pure con le inevitabili modificazioni, come veicolo di informazioni sul passato di San Fratello, non più ripetibile. È pertanto necessario che le giovani generazioni ne raccolgano il testimone, con la consapevolezza che il raffronto con le tradizioni e le culture di altre realtà sociali e la loro reciproca accettazione sono gli elementi su cui si fonda la pacifica convivenza. Benedetto Di Pietro Ô frosch (Al fresco)
Mieuma u tuler u avaia antra.
Mia madre il telaio lo aveva in casa. / Tesseva la tela di lino / e chi passava poteva sentire / il rumore del pettine che batteva / al passaggio della spola. / Quand’era giovane tesseva / i copriletti ad arazzo / che erano assai complicati. / Quando passava la spola / bisognava tirare il filo di lino / con l’uncinetto punto a punto / così com’era nel disegno / e a mano a mano che la tela avanzava / si vedeva il risultato. / Alla fine, spuntavano angeli e fiori / che finivano a fare bella mostra / sui letti degli Americani. / Era il lavoro di una giovane donna / che fioriva felice / e la speranza che qualcuno / potesse darle lode / valeva molto di più dei sei mesi / di lavoro per pochi soldi.
Quänn fasgiaia u chieud
Quando faceva caldo / i sanfratellani non si sventolavano. / Erano abituati: stavano nei locali bui / o preferivano mettersi sotto una pianta / che raccoglieva l’aria. / C’era qualche donna / che aveva il ventaglio, / ma lo teneva più per bellezza / che per altro e quando lo apriva / sembrava una ruota di pavone. / Invece tutti li tiravano fuori quando si trattava di fuoco: / erano le ventole, / erano rotonde e munite di manico; / erano fatte con foglie di palma intrecciata / e quando si accendeva il carbone / nel braciere o nella fornacella, / invece di farsi venire fuori la gola, / a furia di soffiare, / si prendeva la ventola / e si sventolava avanti e indietro. / Le ventole le portava Don Andrea, / che andava girando per il paese di San Fratello / e ogni tanto ne vendeva qualcuna. / Ma gli bastava per vivere… / in pace con la gente.
A la tarbunira nta li chiesi
All’imbrunire nelle case / era l’ora del Rosario. / Lo Zzu Nino s’era fatta una corona / di canne e la faceva scorrere (tra le dita); / con la “milza” sul capo recitava la prima parte. / La Zzi Benedetta a guadagno di tempo / gli rispondeva e filava, / filava il lino e pregava. / D’inverno il tempo passava / coi piedi sul supporto del braciere. / Il fuoco del braciere si consumava / mentre sopra al treppiede / nella pentola le fave bollivano / e mormoravano richiamando / i ricordi della giovinezza, / quando a Carnevale si andava a ballare / nelle balere e negli scantinati; / ma non superava il tempo della trebbiatura / quando sulle aie si ballava la quadriglia. / Il tempo è ingannatore, / perché da vecchi ci lascia le teste lucide / per pregare con le corone del rosario / e poi ci obbliga a stare seduti / senza darci altre possibilità.
I sanfrardei avaiu dì causi
I sanfratellani avevano due cose / delle quali non potevano farne a meno: / il mantello e la coppola. / Per le feste d’Inverno / col mantello di feltro / nero come San Benedetto, / si coprivano / e facevano bella vista. / Passando tra milze e mozzette / cappelli e cuffie, / arrivò la coppola per tutti i giorni, / inverno ed estate. / C’era la coppola per i giorni lavorativi / e quella per i giorni di festa. / La visiera era precisa, / alla sanfratellana, / diversa da quella degli altri paesi. / I forestieri si riconoscevano / dalla visiera, / così quando nell’ultima guerra / ad un gruppo di tedeschi, / per non farsi riconoscere dagli americani, / gli venne in mente d’indossare le coppole / che si erano portate da casa loro, / con tanto di visiere / quanto le orecchie degli elefanti, / fu come dare alla gente / il loro biglietto da visita / dove c’era scritto: / «fateci prigionieri che siamo tedeschi».
D’uoli è binirat
L’olio è benedetto / perché benedetto è il lavoro che lo accompagna. / L’olio è necessario alla vita: / per poter vivere, / una volta anche per fare luce nelle lucerne / e anche come disinfettante nelle cadute. / Ma quanto lavoro per un rottolo1 di olio! / Prima bisognava trovare l’olivastro e innestarlo, / poi trapiantare la pianticella dell’ulivo / e quando era pianta grande / cominciavano le cure che erano superiori di quelle degli ammalati: / prima il potatore, poi il pulitore dei ceppi, / la sorveglianza per i racimolatori, / che invece di racimolare raccoglievano le ulive dalla pianta, / e finalmente cominciava la raccolta. / Il bacchiatore le faceva cadere per terra / e un manipolo di donne, / chi accoccolate e chi inginocchiate, / raccoglievano le olive e cantavano; / una ad una, senza tralasciarne nessun chicco, / cantavano e raccontavano felici. / Pure i chicchi caduti tra i rovi andavano raccolti perché l’olio è benedetto / nelle lampade delle chiese / e nelle giare delle case. / I frantoi e i lavoranti a San Fratello non mancavano / e se si portavano le olive al frantoio di Ricca, / lì il sovraintendente era Nicosia / che a tutti quelli che gli chiedevano / se poteva farli anticipare, / lui li tacitava dicendo / «Andate a gettarvi a mare dentro al mantello». 1 Misura per olio equivalente a cinque litri. Contatore visite dal 01-06-2018: 2821. |
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